Gli obblighi di formazione in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, sono previsti da specifiche disposizioni, contenute nell’articolo 1, della legge 6 novembre 2012, n. 190 (cd Legge Severino). In particolare, meritano l’attenzione degli operatori:
- il comma 5, lettera b);
- il comma 8;
- il comma 10, lettera c);
- il comma 11.
In materia di attività formative è necessario, inoltre, tenere a mente anche il contenuto dell’articolo 15, comma 5, del decreto Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62 [1], che testualmente recita:
5. Al personale delle pubbliche amministrazioni sono rivolte attività formative in materia di trasparenza e integrità, che consentano ai dipendenti di conseguire una piena conoscenza dei contenuti del codice di comportamento, nonché un aggiornamento annuale e sistematico sulle misure e sulle disposizioni applicabili in tali ambiti.
Sull’argomento è intervenuta in più occasioni anche l’ANAC[2], ribadendo che la formazione riveste un ruolo strategico nella prevenzione della corruzione e deve essere rivolta al personale dipendente, prevedendo due livelli differenziati:
a) livello generale, rivolto a tutti i dipendenti: riguardante l’aggiornamento delle competenze e le tematiche dell’etica e della legalità;
b) livello specifico, rivolto al responsabile della prevenzione, ai referenti, ai componenti degli organismi di controllo, ai dirigenti e funzionari addetti alle aree di rischio. In questo caso la formazione dovrà riguardare le politiche, i programmi e i vari strumenti utilizzati per la prevenzione e tematiche settoriali, in relazione al ruolo svolto da ciascun soggetto dell’amministrazione.
Ogni ente, nell’apposito capitolo dedicato alla formazione del Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione e Trasparenza (PTPCT), dovrà quantificare le ore/giornate annue dedicate allo svolgimento dell’attività formativa, definendo anche le categorie di lavoratori a cui la stessa viene indirizzata.
Per quanto riguarda il Livello Generale, è possibile valutare l’opzione di erogare la formazione anche con cadenza biennale, a tutto il personale, mentre la formazione di Livello Specifico è necessario che venga prevista per ogni anno, nei confronti di tutte le figure che intervengono nell’attuazione delle misure previste in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza.
Le modalità su come si sia svolta l’attività formativa nell’ente, risultano oggetto di una specifica sezione della Relazione che deve essere compilata e pubblicata nel sito web, da parte del Responsabile prevenzione corruzione e trasparenza (RPCT).
Se si affronta la questione della trasparenza e degli obblighi di pubblicità, occorre, necessariamente, ragionare anche di tutela dei dati personali. In particolare ciò è necessario dopo la piena attuazione del Regolamento (UE) n. 2016/679, che è decorsa dal 25 maggio 2018.
Così come previsto dall’articolo 32, paragrafo 4, del medesimo Regolamento, occorre prevedere un obbligo di formazione per tutte le figure (dipendenti e collaboratori) presenti nell’organizzazione degli enti.
Sono direttamente interessati alla formazione:
- i Responsabili del trattamento;
- i Sub-responsabili del trattamento;
- gli incaricati del trattamento;
- il Responsabile Protezione Dati.
Una efficace attività formativa in materia di privacy costituisce un tassello rilevante del sistema di gestione della tutela dei dati personali, in grado di dare concretezza al principio di accontuability, inteso come capacità di dimostrare di aver adottato misure di sicurezza idonee ed efficaci.
Le Pubbliche amministrazioni, pertanto, dovranno organizzarsi per:
- pianificare un percorso di formazione per tutte le figure coinvolte, inserendolo nel Piano Formativo annuale, tenendo conto della struttura dell’ente, i profili organizzativi, le finalità di ciascun corso, la possibilità di associare, con altri enti, l’attività formativa;
- prevedere idonee risorse in sede di approvazione del bilancio;
- prevedere prove finali di verifica del percorso formativo e sessioni di aggiornamento sulla base delle modifiche normative, organizzative e tecniche che interverranno;
- stabilire aree di priorità nell’attività formativa partendo – ad esempio – dal Responsabile Protezione dei Dati (RPD) e dai suoi collaboratori; dalle figure apicali presenti nell’ente; i neo assunti; gli amministratori di sistema e tutto il personale autorizzato al trattamento.
Negli enti locali, la formazione in materia di privacy deve essere integrata con la digitalizzazione dei processi, con la riforma del Codice di Amministrazione digitale, con i codici di comportamento degli enti e con le ultime recenti novità normative in materia di trasparenza, prevenzione della corruzione, Foia e whistleblowing.
La formazione non deve essere considerata un mero adempimento burocratico, ma un’opportunità per:
- rendere consapevoli gli operatori dei rischi connessi al trattamento dei dati, delle misure di sicurezza;
- migliorare i processi organizzativi e i servizi erogati;
- evitare danni reputazionali;
- ridurre i rischi di sanzioni amministrative e rendere più competitiva l’organizzazione.
Riassumendo:
a) La formazione in materia di prevenzione della corruzione, trasparenza e privacy è obbligatoria per ogni anno e le eventuali relative spese stanno fuori da tutti i tetti per la formazione;
b) le ore/giornate annue vanno indicate nel PTPCT;
c) è possibile valutare (indicandolo nel Piano) di somministrare la formazione di Livello generale ad anni alterni.
Da ultimo si sottolinea che anche l’Aggiornamento al PNA del 2018[3], ribadisce che «sarebbe necessario garantire una maggiore formazione, a tutti i livelli, in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza”.
[1] Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
[2] Delibera n. 72/2013; Determinazione n. 12 del 28/10/2015, paragrafo 5.
[3] Delibera ANAC n. 1074 del 21 novembre 2018.
Avv. Mauro F. Magnelli: dottore di ricerca in discipline giusprivatistiche – docente universitario presso l’Università della Calabria (CdL in Giurisprudenza); avvocato patrocinante in Cassazione e Giurisdizioni superiori, titolare di studio legale in Cosenza e Roma, con esperienza nei settori del diritto civile e diritto amministrativo (con particolare riferimento alla contrattualistica pubblica). È autore di monografie e saggi.
Avv. Diego D’Amico, responsabile affari generali Unical; dottore di ricerca in diritto amministrativo con tesi dal titolo: “Etica pubblica, trasparenza amministrativa e prevenzione della corruzione. Riflessioni sull’impatto della legge 6 novembre 2012, n. 190, a tre anni dall’entrata in vigore”. Autore di diversi contributi, componente di gruppi di ricerca e docente di scuole di specializzazione, master e corsi di alta formazione e aggiornamento continuo nell’ambito dell’anticorruzione, trasparenza e contratti pubblici.