Orientamento: perché è importante prestare attenzione alle soft skills?
Nel lungo percorso di orientamento, che richiede specifiche azioni nei momenti di transizione, è fondamentale la collaborazione fra scuola e famiglia, come sottolineano le “Linee Guida in materia di orientamento lungo tutto l’arco della vita” emanate dal MIUR (2009): “Si tratta di costruire un’alleanza educativa in primo luogo con le famiglie al fine di condividere obiettivi comuni che favoriscano la maturazione del processo di auto-orientamento da parte dello studente in rapporto ai diversi livelli di autonomia personale che connotano i diversi cicli (e fasi di età) del percorso formativo”.
Se tutti i docenti hanno il compito, tramite la didattica orientativa, di aiutare i ragazzi a scoprire e sviluppare le proprie inclinazioni e aspirazioni, coniugandole con l’analisi di contesti in evoluzione, ai genitori spetta una fondamentale funzione educativa con finalità analoghe: “nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni…” (art. 147 C.C.).
In collaborazione con la scuola, i genitori possono quindi supportare i figli nell’elaborazione di un progetto di vita attraverso atteggiamenti di ascolto e dialogo per comprenderne interessi e attitudini; rispettando le scelte proposte dai figli che devono realizzare le proprie aspirazioni e non quelle dei genitori e supportandoli nella ricerca di informazioni e nell’incoraggiamento alla progettualità.
Particolare attenzione va prestata, da parte sia della scuola sia della famiglia, all’accelerato processo di cambiamento in atto, che richiede un bagaglio sempre maggiore di competenze, con particolare riguardo alle soft skill, quali l’intraprendenza, il problem solving, la flessibilità, la capacità di lavorare in gruppo, abilità trasversali frutto anche dell’educazione non formale in famiglia e nei contesti sociali. In un mondo caratterizzato da rapidi mutamenti tecnologici, economici e professionali, è impossibile prevedere con certezza gli sbocchi lavorativi futuri, visto che si calcola che il 65% degli studenti di oggi svolgerà professioni non ancora inventate. Perciò, piuttosto che focalizzarsi su ciò che si vorrebbe fare, è importante decidere chi si vuole essere nella prospettiva di cooperare alla costruzione di una società migliore: l’orientamento diventa così un’attività di progettazione e realizzazione di un impegno di vita, un “life designing“. Come afferma Soresi: “Un orientamento diverso, di qualità e ‘positivo’ dovrebbe insegnare a puntare ad un futuro equo, sostenibile ed inclusivo per tutti in grado di valorizzare e dar spazio ad un homo effettivamente sapiens, che sia al contempo marcatamente previdente e lungimirante (homo prospectus) e generoso e solidale (homo solidalis)”.
Si propone quindi una visione dell’orientamento e dell’educazione non basata sull’adattamento alla realtà esistente, per molti versi iniqua, consumista e competitiva, ma rivolta alla trasformazione dei contesti in direzione del bene comune.
I continui processi di trasformazione della società impongono di soffermarsi sullo sviluppo di competenze trasversali (dalle soft alle digital skill) che possano consentire di affrontare nuove sfide, di operare negli svariati contesti lavorativi e con modalità flessibili. Ecco perché il ruolo della scuola è cruciale.
Il ruolo della scuola nella formazione integrale è cruciale, fin dalla primissima infanzia, ma serve un processo ben strutturato e assume particolare importanza in questo contesto l’alternanza scuola-lavoro.
Tutto questo alla luce del fatto che le soft-skill, o competenze trasversali, e le competenze digitali sono ormai riconosciute come fondamentali nel mercato del lavoro (lo sottolineano anche molte raccomandazioni dell’Unione europea), al pari delle competenze di base (hard skill).
Indice degli argomenti
Cosa sono le hard skill
Le hard-skill rappresentano quelle conoscenze e competenze tecniche necessarie per svolgere una determinata mansione lavorativa. Molti esperti suddividono le hard-skills in due macro categorie:
- Le competenze di base;
- Le competenze tecnico-professionali.
Alle competenze di base sono associati gli elementi fondamentali per ogni essere umano, quali l’alfabetizzazione numerica e quella matematico-scientifica.
La digitalizzazione della società ha comportato un ampliamento in relazione alle tecnologie informatiche e alla comunicazione nelle lingue straniere (entrambe definite spesso key skill).
Le competenze tecnico-professionali, di contro, sono quelle che mettono nelle condizioni di svolgere uno specifico lavoro; esse si acquisiscono essenzialmente nei percorsi di studio ma soprattutto tramite l’esperienza sul campo.
Le soft skill, o competenze trasversali
Le soft-skills (life skills, nel mondo anglosassone), al contrario delle hard-skills, non sono immediatamente osservabili e misurabili, in quanto determinano le caratteristiche intrinseche della persona: il talento, la capacità di interazione, la personalità, il problem solving, l’attitudine al lavoro di gruppo, lo spirito di iniziativa e così via.
Nelle competenze trasversali rientrano quindi non solo le doti relazionali, ma anche e soprattutto le capacità di gestire le varie situazioni in maniera adeguata, professionale e responsabile.
Esse rappresentano, paradossalmente, un nodo critico del mancato incontro fra domanda e offerta di lavoro.
Per fortuna, secondo molti studiosi, tali competenze di tipo non cognitivo non sono blindate nel nostro io, ma sono il frutto di esperienze di vita e, soprattutto, possono essere sempre apprese anche in contesti formativi.
La Commissione Europea in uno studio sulle soft skills nel mondo del lavoro, le ha suddivise in 5 categorie:
– Skills di efficacia personale
– Self control, resistenza allo stress, autostima, flessibilità, creatività, apprendimento permanente.
– Skills relazionali e di servizio
– Comprensione dei rapporti interpersonali, orientamento al cliente, cooperazione con gli altri, comunicazione.
– Skills relative a impatto e influenza
– Capacità di coaching (sviluppo degli altri), capacità persuasive, consapevolezza organizzativa, leadership.
– Skills orientate alla realizzazione
– Orientamento al risultato, interesse per l’ordine e la qualità, spirito di iniziativa e approccio proattivo, ricerca e gestione delle informazioni, pianificazione e organizzazione, problem solving, autonomia.
– Skills cognitive
– Capacità di analisi, capacità di pensiero astratto.
Soft-skill e scuola
Considerato che lo sviluppo delle soft-skills può avvalersi anche di contesti educativi, quale può essere il compito della scuola? Dotare ogni alunno di tali competenze per affrontare in primis la vita “di fuori”, e poi, ma non in subordine, comprenderle e utilizzarle al meglio in funzione delle future occasioni provenienti dal mondo del lavoro.
Molte raccomandazioni a livello di Unione europea hanno sottolineato come queste soft-skill siano fondamentali nel mercato del lavoro e hanno suggerito agli enti formativi di puntare alla formazione “integrale” della persona.
Tuttavia, come indicato da diversi studiosi, formare alle soft-skills, soprattutto all’università, potrebbe essere troppo tardi. Occorre iniziare prima: nel primo ciclo di istruzione e, addirittura, nella primissima infanzia.
Tale aspetto era già stato messo in evidenza dalle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione del 2012: “Le competenze sviluppate nell’ambito delle singole discipline concorrono a loro volta alla promozione di competenze più ampie e trasversali, che rappresentano una condizione essenziale per la piena realizzazione personale e per la partecipazione attiva alla vita sociale, orientate ai valori della convivenza civile e del bene comune”.
Nelle prove Invalsi già sono normalmente inserite domande atte a misurare tali competenze; in particolare si fa riferimento a:
- abilità organizzative;
- strategie cognitive e metacognitive;
- concetto di sé e motivazione intrinseca ed estrinseca;
- attribuzioni causali di successo o insuccesso.
Nelle Linee guida alla certificazione del gennaio 2018 viene consigliata una strategia valutativa che si fonda su tre elementi fondanti:
- compiti di realtà;
- osservazioni sistematiche;
- autobiografie cognitive.
L’importanza di un processo di formazione strutturato
Verso la conclusione della propria esperienza scolastica, anche ai fini dell’orientamento, è bene proporre agli studenti un bilancio delle proprie competenze personali per rendersi consapevoli di quanto ci si sente preparati ad affrontare ulteriori studi o entrare il mondo del lavoro.
E’ quindi necessario che il processo di formazione, nel suo complesso, sia ben strutturato soprattutto nel periodo dell’adolescenza e della prima giovinezza.
A tale proposito, è importante che il sistema formativo, in maniera responsabile, si prenda carico anche di queste competenze, verificandone nel corso degli anni i progressi. Occorre, con l’aiuto del corpo docente, elaborare quindi, nel corso dell’intero periodo educativo, uno scheletro di prospettiva di vita, in sintonia con progetti a più breve termine di studio e di preparazione al lavoro.
In conclusione, i continui processi di trasformazione della società impongono di soffermarsi sullo sviluppo di quelle competenze che possano consentire di affrontare nuove sfide, di operare negli svariati contesti lavorativi e con modalità flessibili e collaborative.
E qui entra in gioco l’alternanza scuola-lavoro, grazie alla quale è possibile progettare percorsi di apprendimento utili a creare ponti tra teoria e pratica, tra saperi disciplinari e, soprattutto, saperi trasversali, sempre più spendibili nei contesti reali di vita e di lavoro. In quest’ottica, le competenze generiche sono ormai ritenute essenziali in quanto trasferibili tra contesti diversi.
Il digital skills gap
La costante e irreversibile digitalizzazione, ormai pervasiva, nel tessuto sociale e produttivo (Internet of Things, Cloud Computing, Additive Manufacturing, Big Data Analytics, Robotica Avanzata, Realtà Aumentata e Cyber security) sta determinando la nascita di nuove figure professionali, e soprattutto, la rimodulazione, in chiave generale (soft-skill) di professionalità già esistenti.
Tale fenomeno, noto come digital skill gap, rappresenta ormai una problematica sociale per la quale anche l’Unione europea ha intrapreso politiche “di recupero”, non solo in relazione alle competenze digitali avanzate, ma anche rispetto a quelle di base e trasversali, indispensabili al nuovo cittadino europeo digitale.
Scuole e università, in Italia più in altri Paesi, faticano purtroppo a rendere la propria offerta formativa appetibile e consona alle nuove esigenze per colmare quel “deficit umano” di risorse, con conoscenze, abilità e competenze digitali e metodologiche adeguate.
La quarta rivoluzione industriale sostituirà i profili lavorativi di basso livello con l’automazione e l’informatizzazione, e offrirà nuove opportunità lavorative alle persone altamente qualificate e che sanno utilizzare le tecnologie digitali. In un contesto in cui si parla già di “digital mismatch”, ovvero il mancato allineamento tra domanda ed offerta di lavoro a causa di carenze di competenze di alto profilo richieste dall’introduzione delle nuove tecnologie, le professioni di alto livello richiederanno competenze non solo digitali ma anche le cosiddette soft skills.
L’Agenda 2030 ci esorta a rivalutare con determinazione il Fattore Umano in tutti i contesti sociali. L’impatto e la cura di un ambiente di lavoro verso la dimensione psico-fisica e fisica del Fattore Umano Aziendale – che partecipa e ne condivide gioie, tormenti e risultati – è un elemento chiave per rendere davvero “sostenibile” l’innovazione, la riorganizzazione e la gestione del cambiamento.
Salute, prevenzione, sanità, sicurezza, assistenza, formazione, conciliazione vita lavoro, smartworking in condizioni di stress si confermano le aree di maggiore intervento: il Rapporto 2020 Welfare Index PMI conferma che le Piccole e Medie Imprese Italiane con un Welfare più maturo hanno avuto maggiore capacità di reagire all’emergenza e sono state punto di riferimento per la comunità.
Orientare ed orientarsi in un mondo complesso, in continuo mutamento e globalizzato non è facile. Le competenze di orientamento sono messe a dura prova, ancora di più la capacità di “reggere” emotivamente le situazioni.
È, infatti, primaria responsabilità di chi guida il percorso in termini di metodi, modelli e strumenti (nel processo di orientamento si parla sempre di co-conduzione) padroneggiare l’area delle emozioni e fare in modo di costruire una relazione professionale dove le emozioni siano una risorsa e non un ostacolo. Una formazione orientata allo sviluppo delle proprie competenze emotive diventa quindi indispensabile.
L’orientamento è un processo ricco di emozioni; l’accompagnamento alle scelte, il sostegno nei periodi cerniera o di transizione, la definizione del proprio progetto di carriera e di vita, sono momenti ad alto valore emotivo, dove razionalità ed emotività devono imparare a collaborare insieme.
Il percorso formativo di un insegnante/orientatore non deve quindi prescindere da un suo lavoro personale sull’intelligenza emotiva.
Il percorso di crescita dell’insegnante/orientatore ha quindi ha due obiettivi formativi:
- Sviluppare competenze personali in Intelligenza Emotiva ed apprendere come utilizzarle nel processo di orientamento
- Sviluppare competenze/esperienze personali di Mindfulness ed apprendere come gestirle per lo sviluppo di Talento e Creatività nell’Orientamento
L’Intelligenza Emotiva è la capacità di unire il pensiero con le sensazioni al fine di prendere decisioni ottimali — fondamentale per avere relazioni di successo con gli altri e con te stesso.
La parola Mindfulness significa lucida consapevolezza: la sensazione di sapere quello che stai facendo proprio mentre accade, momento per momento.
Nel processo di Orientamento, essa può aiutare a sviluppare creatività, intuizione, a gestire in modo più efficace i problemi.
La mindfulness stimola la creatività in larga misura incrementando il pensiero divergente, però anche molte caratteristiche associate al pensiero convergente ne traggono vantaggio. Memoria, operatività, lucidità di pensiero, forza di volontà, resilienza e coraggio si rafforzano con la pratica della mindfulness.
È attraverso questa via in più che si riesce a dare slancio alle creatività.
Per potenziare la creatività e la capacità di risolvere problemi, temi chiave del processo orientativo, si deve:
- avere una mente calma e aperta e disciplinata che possa accogliere ed integrare nuove idee ed informazioni – Consapevolezza
- notare le nuove idee create dalla mente e comprenderne il significato – Creatività
- avere il coraggio di seguire le nuove idee – Coraggio
In ognuna delle aree di competenza che compongono il Quoziente Emozionale degli individui, la mindfulness agisce a supporto delle funzioni di Orientamento.
Le aree di competenza che tutti noi possediamo, anche se a livelli di sviluppo diversi per ogni individuo sono: SELF AWARENESS: l’area di competenze che ci consente di capire cosa stiamo provando, sviluppare un buon vocabolario relative alle emozioni, sensazioni e sentimenti e cogliere i segnali in arrivo dagli altri. In questa area di competenze siamo in grado di sviluppare consapevolezza dei nostri meccanismi automatici (pilota automatico) di risposta, funzionali e disfunzionali. La parola chiave qui è conosci te stesso. SELF MANAGEMENT: l’area di competenze che ci consente di gestire le emozioni, navigando il picco emotivo ed utilizzando al meglio l’energia che sviluppano (o che ci sottraggono). E’ l’area dove ha sede la capacità di motivazione intrinseca, dove siamo in grado di valutare costi e benefici delle nostre scelte e pianificare, dove esercitiamo l’ottimismo indispensabile per avviare qualunque processo di cambiamento. E’qui che decidiamo di seguire il nostro Cuore, ovvero la capacità di mettersi in gioco con il proprio “sogno”. La parola chiave qui è gestisci te stesso. SELF DIRECTION: l’area di competenze che ci consente di sviluppare empatia (alla base di qualunque processo di comunicazione efficace) e perseguire obiettivi nobili, ossia sfidanti, importanti, legati ai nostri valori e che sono in grado di dare significato alle nostre scelte ed alla nostra vita. Coltivare il nostro Coraggio, ovvero uscire dalla mediocrità, tirar fuori la motivazione intrinseca che spinge all’azione, dare gambe alla propria vision.
Obiettivi generali del corso:
– prevenire l’insuccesso e/o l’abbandono scolastico
– garantire a ogni studente la continuità didattica
– stimolare l’adozione di strategie per la progettazione e realizzazione di processi di inclusione
– fornire strumenti per prevenire o superare i disagi che possono presentarsi nel passaggio tra i diversi ordini di scuola
– passare da un assetto per conoscenze e discipline separate a un approccio per competenze
Programma degli argomenti:
- Il primo ciclo di istruzione: prerequisiti per un orientamento efficace ed efficiente
- Dalle competenze alla costruzione delle soft skills
- Dalle competenze al progetto di vita: le discipline come orientanti alla costruzione della motivazione
- Didattica inclusiva: azioni orientative e formative
- Setting di apprendimento e metodologie innovative
- Strategie di contrasto all’insuccesso e promozione del successo scolastico e formativo
- L’aula come prototipo di impresa
Docenti del Modulo
Prof. Alessio Fabiano (Ricercatore UNIBAS M-ped/03- Docente di didattica delle innovazioni tecnologiche e inclusione. Esperto di Orientamento al lavoro)
Dr.ssa Lucia Moretti (Co-founder Talent Garden Cosenza / esperta team working)
Dr.ssa Francesca Gargiulo (Co-founder Goodwill / esperta public speaking)
Dr.ssa Rosaria Adduci (Co-founder Talent Garden Cosenza / esperta team working)